lunedì 1 giugno 2009

Il voto a Michele Cimino... dietro una scelta


Non è importante - scrivevo sul finire dello scorso anno su questo blog - quanto tempo occorra a un'idea per affermarsi, ma le conseguenze che ad essa si accompagnano nel momento in cui trova lo spazio che ha saputo immaginare di sé nel momento in cui è stata concepita. Chi ha seguito lo svolgersi degli eventi in Sicilia a partire dalla caduta del governo Cuffaro, non ha difficoltà a leggere negli eventi di questi giorni la naturale conclusione di un disegno che era tracciabile già da allora. E che soltanto una visione senza prospettive ha impedito che apparisse nella sua chiarezza da subito. Le date sono un modo per segnare un percorso, quale che sia, anche in politica. Le date restano a dare un segno di cosa è stato e aiutano quanti sanno avere uno sguardo non miope delle cose a comprenderne l'andamento in divenire. Alla caduta di Cuffaro si è presentata l'occasione per liberarsi da certi legami, specie che il contemporaneo svolgimento della campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento a Roma ha visto separarsi le strade di quello che si presentava per la prima volta come PDL - anche se non ancora costituito, come è poi accaduto con il congresso del fine marzo appena scorso - e dell'UDC di Casini. Il risultato elettorale nazionale è stato uguale a quello in Sicilia. Ma le alleanze di coalizione sono state diverse. Perché? Quel che accade adesso offre le risposte anche a coloro che non avevano saputo interpretare il dove verso cui stavamo andando. In questo, le date rendono più chiaro anche il senso di quanto scrivevo prima ancora che fossero costituiti il governo regionale e nazionale.




Cuffaro poteva uscire di scena. Lombardo poteva restare in una posizione di attesa, in subordine rispetto al PDL, senza la possibilità di trarre occasione di slancio ed ampliamento per il suo movimento politico. La vittoria del centrodestra ci sarebbe stata comunque. Come avvenuto a Roma, ma non per gli stessi motivi. E, quel che è in più - a dare conferme - è che sarebbe stata una vittoria "a prescindere" dal candidato, purché allineato ai valori espressi nella tradizione di continuità Forza Italia-Alleanza Nazionale. Qualcuno ricorda il titolo del "Corriere" a proposito di un Dell'Utri che va via da Palazzo Grazioli sbattendo la porta. All'inconsistenza del PD e dei suoi alleati, a quella che lo stesso Miccichè ebbe a definire - a margine di un incontro di presentazione per la campagna elettorale alla provincia di Palermo di Giovanni Avanti - come una sinistra ormai assente dalla scena politica regionale, sarebbe stato utile contrapporre la candidatura di Stefania Prestigiacomo, voluta dall'ex Presidente dell'Ars, o dello stesso Presidente uscente: questo avrebbe disegnato un quadro che tenesse conto della richiesta di certezze espressa dagli elettori su scala nazionale con il voto del 13 e 14 aprile. E nel disegno, con un peso correlato alla presenza sul territorio, avrebbe potuto inserirsi - naturale alleato - il movimento per l'autonomia di Raffaele Lombardo. Basi chiare per cinque anni di impegni concreti, come dal consenso ottenuto con il voto. Un grande partito lo è realmente nel momento in cui riesce a trovare una sintesi autentica tra le componenti che ne costituiscono il valore politico. Altrimenti è tenuto insieme a forza, nonostante i contrasti tra correnti di pensiero che hanno punti di incontro insieme a una forte divergenza di idee e soprattutto di azione all'interno. Il gruppo Schifani-Alfano, già dalla tornata elettorale per il rinnovo del Parlamento regionale, si contrappone a quello di Gianfranco Miccichè, in una logica di affermazione che non tiene conto degli interessi della Sicilia e dei siciliani, ma delle proprie ragioni di esistenza. Lo hanno mostrato i fatti e così continua ad essere. In questa logica che sa di vecchia politica di posizionamento, la scelta di privilegiare la candidatura di Raffaele Lombardo a Governatore al posto del più illuminato Miccichè, nasce dal duo Schifani-Alfano, inclusivo di Castiglione-Firrarello e ha il sapore buono del pistacchio, ma non altro che sappia raccontare di crescita e sviluppo. Ricorda della "non memoria" delle cose. E il contrasto tra ricordare e dimenticanze è voluto. Cuffaro ha potuto restare, in qualche modo, sulla scena, proprio lui che pure aveva ostacolato - dichiarandolo apertamente - la candidatura di Miccichè, "con tutte le sue forze". Lombardo ha potuto aumentare il peso del suo movimento. Chi come me è nato e ha vissuto a Catania, sa che Lombardo ha sempre saputo utilizzare al meglio le opportunità che gli si sono presentate in politica, trasformandole in risorse: svolge benissimo il suo ruolo, sa condurre come pochi altri. Da vice-Sindaco a Sindaco e poi Presidente di Provincia e poi Presidente del Governo regionale. Sono fatti, senza immaginazione. E cosa fa il duo Schifani-Alfano, allargato a Castiglione-Firrarello? Nel momento in cui - come ha chiaramente detto Gianfranco Miccichè - Raffaele Lombardo va a toccare certi privilegi e a mettere ordine nella macchina della politica, fuori dagli schemi che il duo più duo aveva coltivato l'illusione che potessero essergli da cornice, viene attaccato e delegittimato politicamente... la riforma del sistema sanitario regionale ne è un preciso riferimento. Pochi ricordano degli accordi post elettorali, in un ottica a largo respiro e di sano rinnovamento, presentati in una conferenza aperta da Miccichè e Lombardo e ripresi dalla stampa, dal blog dello stesso Miccichè e riportati, tra tanti, anche in questo blog. Ma già da subito c'è stato l'orientamento a perseguire una politica di servizio per la Sicilia e i siciliani. D'altronde, nel ritirare la sua candidatura, in obbedienza a un mal consigliato Berlusconi, Miccichè aveva espresso con determinazione la volontà di essere garante di una politica del nuovo governo regionale il più possibile vicina al 2.0 che appartiene ai suoi programmi. Il tempo dà le risposte. Non erano parole. Adesso Schifani-Alfano-Castiglione-Firrarello vorrebbero riprendersi quel che avrebbero potuto sapere in anticipo di perdere. Miopia o calcolo? Incapacità o giochi di potere? Anche in un'intervista post elettorale al quotidiano "La Sicilia" Miccichè ebbe a dire delle possibilità di sviluppo per il sud e per la Sicilia che si potevano trarre, in concreto, anche da quel risultato; pur nell'errore di ritenere che il 65% o quasi fosse un voto a Lombardo e non - come invece è stato - un voto al centrodestra... ma non so se fosse un vero non leggere attentamente nel risultato delle urne o un più pragmatico voler restare ancorato ai numeri in senso "letterale" - e anche qui la contraddizione dei termini è voluta. Un politico svolge la sua azione nei fatti, riuscendo sempre ad anticiparli. Altrimenti è soltanto a metà del suo ruolo. Non lo esprime, cioè, compiutamente. Oggi non ha più senso un contrasto a Raffaele Lombardo, ne accrescerebbe - oltre la reale consistenza del suo movimento sul territorio - il ruolo discriminante nell'equilibrio politico della regione. Il modo più sano per contribuire alla crescita economica e civile della Sicilia è nella proposizione concreta di quella traccia di rinnovamento che già da Presidente dell'Assemblea regionale Gianfranco Miccichè aveva saputo mettere in indirizzo. Qualcosa che saprebbe trasmettere il senso di appartenenza al PDL degli elettori e che nel contempo saprebbe ricondurre in un ambito più vicino alla proporzione del suo elettorato l'MPA, senza dargli di più o di meno che quel che avrebbe in un contesto così corrispondente alle aspettative future dei siciliani. La capacità di comprendere le cose, quali che siano anche queste, si chiama intelligenza. Le opinioni a confronto aiutano a ritrovarla, anche quando dà mostra di sé quasi ad essersi smarrita. Lo stesso tempo che offre le risposte a tutti coloro che non le avevano trovate in nuce, sta raccontando della visione e dell'intelligenza di Gianfranco Miccichè. Il Sottosegretario al Cipe ha recentemente espresso il suo desiderio di un dialogo costruttivo interno tra le componenti del PDL, rilevando l'inconsistenza di esclusioni o di altre forme "punitive" o di allontanamento che - tra l'altro - allo stato delle cose, avrebbero un ritorno a boomerang contro chi volesse assumersene la decisione. Alle elezioni di sabato 6 giugno e di domenica 7 giugno, così, il voto a Michele Cimino diventa essenziale per riaffermare il senso di appartenenza ai valori di libertà, sviluppo, coerenza e visione reale del futuro e del benessere dell'Isola e dei siciliani; al di là del significato attribuibile - tout court - al rinnovo del Parlamento europeo. Se Schifani-Alfano-Castiglione-Firrarello hanno scelto di misurare le forze in campo, se preferiscono non far arrivare i Fondi per le aree sottosviluppate perché intendono spenderli a modo loro, dopo un rimpasto alla Regione condotto a modo loro, con tanto che continua a sapere di vecchia politica e del vecchio modo di condurre la politica, allora - ecco - il voto a Michele Cimino deve essere il voto di tutti coloro che sanno leggere come Gianfranco in un futuro diverso, per tutti noi e per i valori in cui riteniamo di credere. Le donne e gli uomini liberi di Sicilia hanno - il 6 e il 7 giugno - la possibilità di esprimere con la forza del voto il loro consenso a una politica del fare e delle lunghe vedute di prospettiva. Votare per Michele Cimino, in questo, sommergendolo di una valanga di voti, nel quadro che ho tracciato in questo post e che prescinde dunque dalla sua persona, diventa, oltre che essenziale, irrinunciabile.
Alfio Maria Fiamingo

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